Alimentazione e genetica: le interferenze

L’attenzione al legame tra ciò che mangiamo e ciò che è scritto nel nostro codice genetico, il DNA, ha assunto un’importanza senza precedenti negli ultimi decenni, grazie anche ai progressi nella ricerca e nelle tecniche di biologia molecolare. Sono nate così nuove scienze come la nutrigenomica, la nutrigenetica e la nutraceutica che studiando a fondo questo legame cercano di migliorare la salute di ciascuno attraverso una dieta personalizzata proprio su basi genetiche. Praticamente tutti gli alimenti che portiamo in tavola contengono molecole che possono influenzare in modo diretto o indiretto il rischio di sviluppare malattie agendo sul DNA. Il cibo influenza l’espressione dei geni e può modificarla con conseguenze importanti sulla salute, sia in positivo sia in negativo. La disciplina che si occupa di studiare il rapporto tra alimenti e modulazione dell’espressione dei geni si chiama NUTRIGENOMICA e rappresenta un nuovo modo di vedere la nutrizione: non si parla più solo di calorie e di nutrienti, ma di uno strumento per “spingere” il patrimonio genetico in una direzione specifica. Non si tratta di modificare la sequenza o la struttura del DNA, ma piuttosto di far funzionare in modo diverso un gene che, a sua volta, modificherà la sua capacità di produrre proteine. E se una di queste proteine è un enzima coinvolto per esempio nei meccanismi che regolano la digestione cambierà la capacità di digerire alcuni nutrienti.

Il cibo però non influenza solo i geni coinvolti nei processi digestivi o di assorbimento dei nutrienti: in molti casi i bersagli sono geni coinvolti nell’infiammazione, nelle reazioni del sistema immunitario o nella crescita e proliferazione delle cellule, con un elenco che diventa ogni giorno più lungo e complesso. Se è vero che il cibo influenza il DNA, è altrettanto vero il contrario: le caratteristiche specifiche del patrimonio genetico di ciascun individuo possono determinare diverse risposte di fronte al medesimo nutriente. E così un determinato alimento avrà su una persona un effetto molto differente da quello osservato su un’altra. Colpa – o merito – del DNA e in particolare di piccole differenze chiamate SNP (polimorfismi a singolo nucleotide) che sono presenti nei geni e, pur essendo piccole, possono influenzare in modo molto evidente diversi processi legati all’assunzione e all’utilizzo dei nutrienti. Queste differenze nel DNA hanno rappresentato in molti casi un vantaggio evolutivo: se una certa variante permette, per esempio, di digerire il latte, gli individui che la possiedono e vivono in aree dove il latte è la base dell’alimentazione risulteranno sicuramente “avvantaggiati” rispetto a quelli che invece hanno una variante differente. L’obiettivo finale della NUTRIGENETICA (così si chiama la scienza che studia come le differenze nel DNA determinino le risposte individuali ai cibi) è una dieta personalizzata che tenga conto del patrimonio genetico di ciascuno e non solo dei valori “standard” come peso, altezza, genere ed età. Fai in modo che il cibo sia la tua medicina e che la tua medicina sia il cibo. Lo diceva già Ippocrate migliaia di anni fa e ora lo dice in modo più chiaro e moderno la NUTRICEUTICA.

Questa disciplina, il cui nome è stato proposto alla fine degli anni ’80 del secolo scorso e deriva dalla fusione dei termini nutrizione e farmaceutica, studia il potenziale curativo del cibo basandosi sul principio fondamentale che gli alimenti contengono sostanze attive sull’organismo e sulla salute, proprio come i farmaci. Gli esperti di nutriceutica studiano le molecole presenti in prodotti di origine animale e vegetale, ma anche in microrganismi e minerali, per comprendere la loro azione sulla salute e per arrivare infine a determinare le dosi e le modalità con le quali possono essere assunti per prevenire le malattie. In alcuni casi si tratta di creare supplementi ad hoc, in altri invece di puntare su un particolare nutriente o di stabilire un insieme di suggerimenti dietetici specifici. Per concludere, secondo i più aggiornati studi molecolari non fanno altro che confermare (e rendere ancor più specifiche) le scoperte dell’epidemiologia: i cibi che fanno bene sono gli stessi che, secondo i modelli alimentari sostenibili, sono anche i più salutari per la persona e per l’ambiente. Quel che ci attendiamo, dal progresso della scienza, è una indicazione ancora più personalizzata, in modo che si possano individuare quei cibi benefici, particolarmente adatti a uno specifico individuo o a prevenire una malattia.

Dott. Roberto Federico, Comitato Scientifico MYW8

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